Zodiaco e astrologia
Ophiuchus o Costellazione del Serpentario
Galassia
Il mito di Ofiuco è simboleggiato da un uomo che tiene un serpente, la Costellazione di Ofiuco è posta tra lo Scorpione e il Sagittario, il suo periodo inizia il 30 Novembre e si conclude il 17 Dicembre.
Ofiuco rappresenta anche Asclepio, il dio della medicina che dopo avere scoperto un’erba portata da un serpente diventò il primo medico della storia.
In tutte le antiche culture il serpente è sempre stato considerato un simbolo di trasformazione data la sua la capacità di mutare la pelle.
Ofiuco solleva un serpente la cui testa tende a salire verso l’alto imitando il movimento dell’energia cosmica Sakhti-Kundalini e quello dei serpenti del Caduceo.
Il fenomeno legato alla Precessione degli Equinozi che ha segnato anche il passaggio dall’Era dei Pesci a quella dell’Aquario ha reso possibile la visione di questa Costellazione. In astrologia l’ipotesi Ofiuco potrebbe rappresentare il tentativo di illuminare la tenebra dell’ignoranza. Significativo è il suo orientamento verso la Costellazione del Sagittario e il centro della nostra Galassia. Il piede del Serpentario sopra il segno dello Scorpione potrebbe simboleggiare il risveglio delle coscienze, l’unione di Cielo e Terra.
Lara Maria Sole
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Il segno del Cancro e la Luna
La Luna è il pianeta governatore del ricettivo, emotivo e sensibile Cancro! Alejandro Jodorowsky e Marianne Costa ci riportano alcune interpretazioni tradizionali che si riferiscono alle simbologie della Luna.
La Luna ci parla di intuizione, sogno, visioni oniriche, in alcuni casi superstizione, poesia, predizioni, immaginazione, inconscio profondo, sensualità, verità occulta (da svelare), follia, solitudine, paura della notte, dell’ignoto, gestazione, richiesta senza limiti, bambino in cerca dell’amore materno, amore che unisce, segreto, traversata del mare (interessa anche i bacini di acqua dolce), oceano (anche se è più in analogia con Nettuno), ricettività, vita oscura della materia, ideale che si vuole raggiungere, femminilità, archetipo materno cosmico.
Nei casi più distonici può segnalare anche umori malsani.
E se la Luna parlasse…
Mi chiedete di spiegarmi, ma sono talmente lontana dalle parole, dalla logica, dal pensiero discorsivo, dall’intelletto… Mi trovo in uno stato segreto e indicibile, sono il mistero dove ha inizio ogni conoscenza profonda, quando vi immergete nelle mie acque silenziose senza chiedere nulla, senza cercare di definire nulla, al di fuori di qualsiasi luce …ho dovuto riconoscere che per esistere dovevo andare là dove non c’ero …ero una concavità infinita …in questa vacuità, in questa assenza di contorni, finalmente ho potuto riflettere la totalità della luce. Una luce ardente che ho trasformato nel suo freddo riflesso, non la luce che genera bensì la luce che illumina.
La via dei tarocchi
Il segno dell’Ariete 2015 – Quinta Parte
Altresì, possiamo vedere nel mito di Frisso il “costo” psicologico della trasformazione e della libertà. Legato al mito degli Argonauti, l’evento di questo giovane eroe greco costella l’archetipo dell’uomo che si incammina alla ricerca di se stesso, inizia la grande avventura del distacco dal karma genitoriale. Ma vediamo anche quella che è la continuazione della storia di Frisso: il mito di Giasone e l’impresa degli Argonauti, strettamente inerente alla tematica psicologica sopra riferita. Narrano Pindaro e Apollonio, di Pelia, re di Iolco, figlio di Poseidone, il quale pattuisce con Giasone, eroe greco, un reciproco favore: Pelia avrebbe restituito a Giasone il trono usurpatogli dal fratello a condizione che Giasone avesse riportato in Patria il Vello d’Oro dell’Ariete alato di Frisso. Pelia era tormentato dall’ombra di Frisso rimasto per sempre laggiù nella Colchide, morto. Secondo l’oracolo di Delfi, la terra di Iolco, ove peraltro abitavano i parenti di Giasone, non sarebbe stata mai fertile se l’ombra di Frisso non fosse stata riportata in Patria insieme al Vello.
Roberto Sicuteri
Astrologia e Mito – Simboli e miti dello Zodiaco nella Psicologia del Profondo
Frisso muore ma l’ombra della luce del giovane eroe greco perpetua la vita poiché la terra di Iolco, in sua assenza, non può diventare fertile. Qui lo Spirito trascende la dimensione duale e rende alla vita la scintilla Divina.
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Lara Maria Sole
Il segno dell’Ariete 2015 – Quarta Parte
Roberto Sicuteri
Astrologia e Mito – Simboli e miti dello Zodiaco nella Psicologia del Profondo
Questo pezzo illumina il tao ed è solo una parte del destino rivelato dal mito di Frisso e del suo vello d’oro, oltre l’atto fine a se stesso c’è la salvezza dell’anima ad opera della fede. L’elemento Fuoco spinge verso l’altro, sostiene la fiamma dello spirito, l’azione dell’Ariete è spiritualizzata mentre la caduta implica la rinascita nella luce poiché l’Ariete muore in inverno ma rinasce in primavera.
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Lara Maria Sole
Il segno dell’Ariete 2015 – Terza Parte
E’ nella mitologia greca che noi troviamo la simbologia più ricca e pertinente al significato archetipico dell’Ariete: la storia del Vello d’Oro e l’impresa degli Argonauti.
Si racconta che il giovane Frisso, figlio di Atamante, re di Beozia, sofferente per le persecuzioni che riceveva dalla matrigna Ino, invocò l’aiuto di sua madre Nefele, dea delle nubi. Toccata dalle suppliche del giovane sfortunato, la divina Nefele gli offrì un’ariete il cui vello, anziché lana, era tutto oro e con questo, egli avrebbe potuto fuggire per sottrarsi alla minaccia.
Frisso, recando con sé Elle, la dolce sorella, salì in groppa all’ariete alato. I due si staccarono finalmente dalla terra e iniziarono lo straordinario viaggio sorvolando i mari e le terre. Ma un oscuro evento colse di sorpresa i due: nella faticosa impresa, Elle si addormentò e abbandonò la presa del vello precipitando in mare. Niente potè fare Frisso per salvarla; proseguì nel suo solitario volo e raggiunse una terra ignota, dove sacrificò a Zeus l’ariete dal vello d’oro, in segno propiziatorio. Tuttavia Frisso non sapeva ancora di essere sceso su una terra inospitale dove lo avrebbero atteso altre prove.
Roberto Sicuteri
Astrologia e Mito – Simboli e miti dello Zodiaco nella Psicologia del Profondo
Lo spirito avventuriero di Frisso anima il Fuoco. Audace e inesperto, l’Ariete è un segno coraggioso e sfidante. Qui la fuga non è mossa principalmente dalla paura ma può rappresentare la ricerca di un nuovo modo di affrontare la vita reale con i suoi momenti di conflittualità. L’eroe solitario risponde agli istinti con l’intelligenza del cuore e la fiducia in se stesso, opera nella luce e vince.
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Lara Maria Sole
Il segno del Capricorno – parte 2
Seconda parte.
Nello zodiaco egiziano descritto da Kircher, il decimo segno è riprodotto dal dio Anubis, la terrifica figura teriomorfa che emana una forza ctonica, e presiede al transito delle anime nel regno eterno e le conserva alla vita eterna.
Anubis ha una imponente statura; demoniaco nella sua raffigurazione, ha il corpo di uomo e una orrida testa di sciacallo i cui occhi esprimono uno sguardo feroce e solenne. Al suo fianco è incatenata la bestia capra-pesce. Per tale ragione si è venuta – nel tempo – a stabilire una parentela fra la figura di Anubis e il Capricorno stesso.
Anubis, dio infero, insieme al Capricorno, esprime l’equivalente immagine della anima immortale trattenuta da Saturno: cioè egli fa trapassare l’elemento materiale capra nell’elemento spirituale Pesce che rappresenta il simbolo dell’Assoluto: è quindi il passaggio dalla vita terrena (capra) alla vita eterna (pesce), equivalente alla polarità conscio-inconscio.
Per capire la natura dell’uomo Capricorno è bene esaminare da vicino il significato della fusione capra-pesce.
La capra è un animale assai libero, insofferente di ogni promiscuità ed è tendenzialmente solitaria. Sono note le reazioni nervose tipiche della capra quando viene avvicinata. E’ animale “ascetico”, vive di poco ed è per tale motivo, forse che è sempre stata l’emblematica compagnia dei pastori, dei solitari e dei mistici predicatori eremiti. Basta pensare a cosa significa per l’India la capra, essa è la Madre del Mondo, Prakriti; praticamente equivale all’archetipo della Grande Madre, al simbolo dell’Energia Originaria. Nel Tibet la capra assume il ruolo di mediazione fra il cielo e gli uomini, come vera e propria amplificazione del Dio del Fulmine tibetano che invia all’uomo colpevole la folgore punitiva. La capra serviva da amuleto e intercedeva nel contempo.
Nella sua monumentale opera Simboli della Trasformazione, Carl Gustav Jung cita la capra a proposito del Capricorno con questa immagine: il sole sale in alto verso la montagna proprio come la capra e tramonta tuffandosi dietro l’orizzonte come un pesce in mare.
E’ dunque evidente che nella capra si manifesta la solarità divina umana che si incontra con la spiritualità dell’anima-pesce.
Astrologia e Mito – Simboli e miti dello Zodiaco nella Psicologia del Profondo
Roberto Sicuteri
Lo Zodiaco e la sua antichità
Prima parte.
“Tutti gli uomini sono portati ad avere un’alta opinione del proprio intelletto e a rimanere tenacemente attaccati alle idee che professano” dice Jordan, aggiungendo poi giustamente: “Eppure quasi tutti sono guidati dalle intelligenze degli altri, non dalle proprie, e si può dire con ragione, che adottano le proprie opinioni più che crearle”.
Questo è doppiamente vero per ciò che riguarda le opinioni scientifiche su delle ipotesi che vengono prese in considerazione – dato che i pregiudizi e i preconcetti delle cosiddette “autorità” decidono spesso su questioni della più vitale importanza per la storia. A diverse di queste opinioni preconcette si sono attaccati i nostri dotti orientalisti, e non c’è niente di più ingiusto e di più illogico del concetto erroneo che ci si è fatti generalmente dell’antichità dello Zodiaco. Grazie alla mania di qualche orientalista tedesco, i sanscritisti inglesi e americani, hanno accettato l’opinione del professor Weber, il quale sostiene che le popolazioni dell’India non avevano alcuna idea né alcuna conoscenza dello Zodiaco prima dell’invasione macedone, e che gli antichi indù lo importarono nel loro paese dai greci. Poi ci hanno detto che, secondo diverse altre “autorità”, nessuna nazione orientale conosceva lo Zodiaco prima che gli elleni insegnassero ai loro vicini quella loro invenzione. E questo a dispetto del “Libro di Giobbe”, che essi stessi ritennero più vecchio del canone ebraico e certamente anteriore a Mosè; un libro che parla della creazione di Arturo (Arcturus), di Orione e delle Pleiadi (Osh, Kesil e Kimah) e delle camere del Sud”, dello Scorpione e di Mazaruth – i dodici segni – parole che, se significano qualcosa, implicano la conoscenza dello Zodiaco anche fra le tribù degli arabi nomadi. Si afferma che il “Libro di Giobbe” è anteriore a Omero e ad Esiodo di almeno mille anni, e i due poeti greci sono vissuti circa otto secoli prima dell’èra cristiana (!). Sebbene, sia detto fra parentesi, chi preferisce credere a Platone – il quale dimostra che Omero visse molto prima – potrebbe indicare un certo numero di segni dello Zodiaco rammentati nell’ “Iliade” e nell’ “Odissea”, nei poemi orfici e altrove. Ma siccome, secondo l’ipotesi fantastica di certi critici moderni, non solo Orfeo, ma persino Omero o Esiodo non sono mai esistiti, sarebbe tempo perduto il solo citare questi autori arcaici. Basterà l’arabo Giobbe, a meno che il suo volume di lamentazioni, insieme ai poemi dei due greci, a cui possiamo aggiungere quelli di Lino, non si attribuisca ora alla falsificazione patriottica dell’ebreo Aristobulo. Ma se lo Zodiaco era conosciuto ai tempi di Giobbe, gli indù civili e filosofici come avrebbero potuto ignorarlo? Rischiando i dardi della critica moderna, – piuttosto spuntati per l’abuso che se ne è fatto – il lettore può fare conoscenza con la dotta opinione di Bailly a riguardo. Si può dimostrare che le speculazioni che si basano su delle deduzioni sono erronee. I calcoli matematici poggiano su un terreno più sicuro. Prendendo come punto di partenza diverse citazioni astronomiche contenute nel “Libro di Giobbe”, Bailly escogitò un mezzo ingegnosissimo per provare che i primi fondatori della scienza dello Zodiaco discendevano da un popolo primitivo antidiluviano. Il fatto che egli cerchi di vedere alcuni patriarchi biblici in Toth, Seth e nel Fohi cinese, non toglie validità a questa prova sull’antichità dello Zodiaco. Anche accettando, nell’interesse dell’argomento, la sua cauta affermazione che l’età giusta dello Zodiaco è di 3.700 anni a.C., questa data dimostra nel modo più incontestabile che non furono i greci ad inventare lo zodiaco, per la semplice ragione che trentasette secoli a.C. essi non esistevano come nazione, o almeno come razza storica ammessa dai critici. Bailly calcolò dunque il periodo in cui le costellazioni manifestarono quell’influsso atmosferico che Giobbe chiama “i dodici influssi delle Pleiadi” nel Kimah ebraico; quello di Orione, Kesil; e quello delle piogge del deserto, che è in rapporto con lo Scorpione, l’ottava costellazione; e trovò che, data l’eterna conformità di queste divisioni dello Zodiaco e dei nomi dei pianeti applicati sempre e dappertutto nello stesso ordine, e data l’impossibilità di attribuire tutto questo al caso, e alle “coincidenze” – “che non producono mai tali somiglianze” – bisognava veramente considerare lo Zodiaco come estremamente antico.
La Dottrina Segreta, Volume I Cosmogenesi
Parte III Addenda, Scienza Occulta e Scienza Moderna Sezione XVI
Helena P. Blavatsky
Il segno del Sagittario – parte 3
In tutti i geroglifi, il segno del Sagittario conserva ed esprime l’idea che sta alla base: sintesi armonica della natura che conduce alla meta superiore dell’Essere.
Per questo motivo, il Sagittario è riferito alla nona casa oroscopica, che rivela l’evoluzione spirituale del soggetto, i “viaggi” interiori e anche quelli reali; il cammino da compiere da uno stadio inferiore verso una meta superiore.
Come il Sole nel solstizio d’inverno è più basso, così il fuoco sagittariano esprime l’emergere del fuoco interiore, fiamma divina dello spirito mentre si estingue il fuoco della materia, la carnalità immanente.
La doppia natura del Sagittario è quindi bene espressa dal mitologema del Centauro, questa creatura teriomorfa della mitologia greca. Il volto del Centauro è sempre improntato a tristezza, perché riflette l’urto fra la violenza istintuale e l’aspirazione alla trascendenza. Non solo, ma i Centauri erano divisi anche di fatto in due fazioni: quelli rozzi, violenti e predaci e gli altri invece quieti, giusti e meno combattivi. La polarità è simbolizzata da Issione e Chirone. Il primo esprime violenza e inganno, il secondo impersona la saggezza e la luce interiore del sapere.
In un soggetto Sagittario, dunque, c’è sempre da tenere in considerazione queste caratteristiche psicologiche espresse dalle mitiche figure di Issione e Chirone.
Una considerazione analoga, è ovvio, deve essere fatta per ogni altro segno zodiacale. Ciascuno di noi, leggendo il proprio oroscopo, può rintracciare le strutture analogiche della propria personalità non fermandosi semplicemente a leggere le attribuzioni dei segni, bensì leggendo dentro di sé tutti i simboli e i miti inerenti i segni, calandoli, diciamo così, dentro la propria realtà psichica: in questo modo è possibile fare sorprendenti scoperte consce e inconsce del mondo soggettivo. E’ in questo procedimento che sarebbe possibile, con severa applicazione, dilatare l’investigazione del proprio mondo secondo l’inconscio collettivo definito da Jung: tutti i miti sono portati dall’uomo, e nell’inconscio esistono le realtà archetipiche costellate dalle storie mitologiche.
Ma torniamo ai Centauri. Diciamo che il mito di Issione è ancora tutto intriso del senso di Scorpione; reca cioè nel centauro-sagittario l’aspetto bestiale del cavallo mentre in Chirone predomina l’aspetto umano e palesa lo slancio verso l’iniziazione sacra (il lancio della freccia) che si realizzerà interamente in Capricorno.
Astrologia e Mito – Simboli e miti dello Zodiaco nella Psicologia del Profondo
Roberto Sicuteri
Il segno del Toro – parte 1
Prima parte.
Il Toro è il secondo segno dello Zodiaco che presenta l’immagine di un animale. Astrologicamente è il primo segno del triangolo di Terra, gli altri sono Vergine e Capricorno. Il Toro comincia il ciclo come simbolo della fertilità e dell’iniziale ordine nel regno naturale che coincide con la primavera. La grande spinta energetica impressa dall’Ariete si espande traducendosi in una materializzazione nel concreto segno del Toro. Noi osserviamo che, nell’evolversi stagionale del segno, la stagione si espande, i fiori si schiudono al caldo sole di maggio, si aprono le uova, escono i nascituri, e vibrano tutte le larve.
L’energia vitale si ordina con armonia nel Toro, manifestazione primaria dell’habitat. E’ intuitivo dunque che il simbolo più appropriato di questa grande epifania della natura e del germogliare, non poteva essere che la vacca. Va specificato infatti che l’animale simbolizzato dello zodiaco non è proprio il maschio ovino, cioè il Toro, bensì la vacca, l’animale che genera.
Si esprime qui la ricettività plastica e morbida nel senso archetipico del “materno protettivo”: quanto ciò può essere figurato da una vacca. E’ perciò il segno zodiacale della Madre Terra, il grembo fertile che ha ricevuto i semi e prepara la gestazione, la crescita. Fino dai tempi primordiali, nell’uomo, si è radicato un binomio inscindibile, istintualmente correlato alla consapevolezza della propria possibilità di sopravvivenza: la vacca, il “bue” e la “terra”. Fonti di vita, sacro rapporto con l’uomo, dono naturale da proteggere; certo, se mancavano i frutti della terra o gli ovini, gli uomini sapevano di andare incontro alla carestia e quindi alla morte. Nella Genesi biblica l’apparizione del bestiame sulla terra segue subito dopo la divisione della luce dalle tenebre e la separazione della terra dalle acque. Comincia qui l’acquisizione del principio del bisogno: Dio sottomise all’uomo tutto il bestiame. Nel tempo primordiale, terra e vacca furono certo percepite come qualcosa di femminile, di materno e soprattutto divino.
Il geroglifo del Toro comunemente disegnato ricorda la schematizzazione della testa di bue. Un simile simbolo grafico deve avere avuto una genesi assai remota perchè intuitivo e facile a essere percepito. Linguisticamente, nel sanscrito c’è la parola Ge che esprime il significato di terra e toro. Nel greco, Gea e Genos esprimono il significato di terra, di nascita, origine, nutrimento. Da qui può essere scaturita la connessione tra vacca e terra come simbolo del nutrimento materno. Il bue, il toro o la vacca – graficamente nella pittura o iconografia antica non è possibile sempre giudicare il sesso del bovino – entrano dunque ben presto nella mitologia come simboli sacri di vita, di nutrimento e messi in rapporto a deità maschili o femminili. I pascoli legano esotericamente il materno terrigeno a quello celeste, quali fonti di energia e di vita.
Roberto Sicuteri
Astrologia e Mito, Simboli e miti dello Zodiaco nella Psicologia del Profondo
Il Sole in Leone
Il secondo grande segno del ternario di Fuoco è il Leone, quinto settore dello Zodiaco. Nella potenza solare dell’estate culminante, si dispiega il trionfo della natura che porta alla completa maturazione il ciclo vegetale: tutte le forme sono definite, espanse, dense di colore, di frutti, bruciate dal sole del periodo che va dal 23 luglio al 22 agosto. Così, nel mondo umano, con la pienezza dei frutti prossimi ad essere raccolti, noi siamo giunti all’età di vita della piena maturità. Il simbolo è proprio il re degli animali, potenza sovrana, nobile energia vitale, dominio su tutto ciò che vive, Zenith dell’anno, culmine dell’arco solare, maestoso segno della energia trasmutatrice – il Fuoco divino – che permette l’inizio dell’individuazione.
Il compito zodiacale del Leone è quello di leggere tutti i termini e realizzare la sintesi del soggetto attraverso la fusione della Sostanza-Materia, Essenza-Spirito, Principio Animico. L’uomo completo uscirà da questo iniziale livello.
Il simbolo zodiacale del Leone rappresenta la stilizzazione vera e propria della coda dell’animale. Tale simbolo grafico appare già nello zodiaco egiziano di Hermes. Senard considera la parola Anima come significante di “soffio di vita”, spirito. Animale è un aggettivo neutro che esprime “ciò che ha vita” e quindi, in questo senso, l’uomo è il primo “animale”, il vero re in quanto ha una vita tripla: corpo, anima e spirito. Il termine del segno è chiaramente di derivazione latina. Leo, Leo-nis, con un probabile ascendente nel greco SLEI, che significa “staccare, lacerare, ferire”.
L’atto di separare, può intendersi, in chiave zodiacale, nel segno quinto – il Leone – come la rottura dell’essere individualizzato, che si separa evolutivamente, dal suo stato anteriore di partecipazione cosmica, che è considerata inconscia e indifferenziata.
Questa rottura, secondo l’ordine zodiacale, noi sappiamo che avviene dopo la nascita (nel segno del Cancro) e la strutturazione, appunto, della coscienza di sé, in Leone. E’ in questo regale e solare segno, simbolicamente, che viene indicata la nascita dell’intelletto il quale poi armonizza ogni investimento dell’Eros sul piano creativo, sessuale e genitale.
La coscienza dell’Io-sè è il primo stadio di coscienza che emerge dall’inconscio collettivo e, attraverso il discernimento, organizza la libertà di iniziativa secondo il principio di realtà ma ancora in senso egocentrico. Nel Leone dunque, noi registriamo le due fasi endopsichiche più interessanti: passaggio dall’inconscio al conscio, dal Non-Io all’Io inteso nel senso freudiano.
In tutte le mitologie il Leone è simbolo di potenza soggettiva, affermazione in prima persona dell’uomo in senso individuale, con la sua origine divina. E’ il Logos, cioè il principio maschile, il Verbo, il Senso spirituale. Infatti il segno del Leone contiene, come astro attribuito, il Sole, principium vitae. Nel Leone ritroviamo quel principio di vita psichica che Jung chiama Animus, il quale conduce ad “agire”, a fare, creare mediante l’esperienza, la definizione. Il Leone Logos solare, dunque, innalza l’uomo verso i livelli della integrazione superiore della personalità.
Roberto Sicuteri
Astrologia e Mito, Simboli e miti dello Zodiaco nella Psicologia del Profondo